Nuar, la rivoluzione della musica ai matrimoni
10 anni per rivoluzionare un settore che stava degenerando
Come molti di voi sanno la musica ai matrimoni è stata (e purtroppo è ancora) a lungo associata al karaoke o a quello che più erroneamente viene definito "Piano Bar" dove il "piano" è solitamente sostituito da una tastiera con basi registrate su cui qualcuno canta, il più delle volte male, i grandi classici della musica Italiana degli anni 60/70.
Dieci anni fa però, tre musicisti hanno deciso di lanciarsi in un progetto, entrando a gamba tesa in un settore che, inspiegabilmente, i musicisti snobbavano: la musica da matrimonio.
- Non nascondo che parlando all'epoca del nostro progetto con molti colleghi musicisti le battutini e le definizioni maligne erano all'ordine del giorno - ci racconta Dario Casani, cantante e fondatore del progetto Nuar.
- Ci chiamavano "idraulici della musica" così, tanto per dire che eravamo dei venduti che per qualche soldo si prostituivano per eventi tristi e scadenti. Di questo abbiamo fatto la nostra forza, ribaltando il ragionamento, mi spiego. Per quale motivo, un settore in espansione come quello dei matrimoni, che prevede da sempre la figura del musicista, doveva essere totalmente lasciato nelle mani di NON musicisti? Perché una industria come quella, dove la musica dovrebbe essere al centro della festa, veniva snobbata dai musicisti veri, con la naturale conseguenza di abbandonare profitti contribuendo ad un tracollo della figura professionale del musicista stesso e abbassando sempre di più il livello qualitativo del concetto stesso di musica?
- Quindi ci stai dicendo che la vostra è stata quasi una missione?
- E' stata una sfida, dettata anche dalle necessità economiche. A 26 anni, dopo che da 10 anni suoni praticamente a gratis ed essendo per questo costretto a fare altri lavori e prendere strade diverse nella vita, ti rode se invitato ad un matrimonio scopri che un tizio che finge di suonare, con una voce al limite dell'intonazione prende 500 € per un matrimonio, da solo, quando tu con una band in giro per l'Italia devi sperare di incassare 50 € e una birra, dopo mesi di prove e anni di studio.
- E' il solito problema della musica in Italia, la classica domanda che tutti i musicisti si sentono fare: "Ah, suoni, e poi?", come se suonare fosse solo un passatempo, in un mondo poi che vive prennemente immerso nella musica.
- Non andiamo ad aprire questa lunghissima parentesi altrimenti non finiamo più. Sta di fatto che 10 anni fa di gruppi musicali composti da veri musicisti che suonavano ai matrimoni ce n'erano pochi. A Roma nessuno.
- Siete stati gli apripista?
- Assolutamente si e ne siamo felici, perché in questo modo abbiamo contributo a rivalutare la professione del musicista anche a questi eventi e soprattutto abbiamo aperto un mercato a tanti giovani musicisti che si vergognavano di "suonare ai matrimoni" proprio perchè associavano al matrimonio l'immagine del musicista fallito e svogliato. Colgo l'occasione per ricordare a tutti che la musica è musica sempre, sta a noi musicisti svilirla o renderle omaggio in ogni circostanza.
- Non vi è mai capitato di dover suonare qualcosa di brutto?
- Certo, alle volte non riusciamo sempre a guidare i gusti delle persone per portarli dove vogliamo noi e fargli capire che si può ballare un Hulligulli anche so "Sweet home chicago" tutto sta nel farlo con professionalità e un pizzico di fantasia. Anche "Rose rosse" può diventare un brano rock n roll se ci si mette un po' di invenzione.
- Progetti per il futuro?
- Chiudere questa intervista.
Manuel Pamida intervista Dario Casani